La casa di Piero, 2019

Un libro di immagini in bianco e nero. Il bianco e nero è dunque un invito al viaggio, e lo fa attraverso una serie di immagini che nel loro rigore cromatico spostano in avanti la percezione dei confini, anche oltre la rassicurante e plateale fruizione garantita dalla tecnica, per rivelare la presenza incerta dell’ignoto e dell’enigma che sta dentro la presunta banalità del mondo delle cose.
Perché di molte cose vibranti, e mai di oggetti inerti, risuona la pittura di Pizzi Cannella, cose che, al pari del
ramoscello secco descritto da Stendhal in De l’amour, che lentamente si ricopre di magnifici cristalli giacendo
all’interno delle miniere di sale di Salisburgo, qui si scoprono portatrici di nuovi aloni di senso i cui cristalli sedimentati sono dati dagli investimenti affettivi e cognitivi che l’artista e l’osservatore di volta in volta associano alle cose: sono perle di luce avvinte alle gambe di un tavolo, sono i lievi spostamenti su un piano di un ventaglio, di due lucertole e di una ciotola, sono inferriate che avvampano di crepuscolo vermiglio, sono tracciati di confini immaginari e deterritorizzati, sono vestiti rossi d’ombra, grevi come bue squartato o leggeri e trasparenti come sindoni mosse dal vento, sono polittici per andare via, crocevia di partenza dalle infinite direzioni date da guizzanti lucertole, sono coralli preziosi che si svolgono in rivoli di sangue, sono lampadari scintillanti che illuminano di buio la profondità della notte.
Sono cose che tutte divengono soglie e orizzonti di senso, porte che si chiudono verso l’ignoto e l’impensato, interstizi di sonno e veglia, oggetti materiali che aprono all’immaterialità del sogno e del mito, ricoprendosi di cristalli-gioiello di amore e di morte, perché, come scriveva M. Proust “la vita non diserta le cose per confluire esclusivamente negli esseri”.
Tratto dal testo in catalogo In bianco e nero per andare via di G. Ranzi