NERO D’AVORIO – Galerie Vidal-Saint Phalle, Parigi

Galerie Vidal-Saint Phalle
Parigi (France)
dal 13 settembre al 22 ottobre 2014

Uscendo da Termini, l’allegrezza di essere nuovamente a Roma mi catturò. Sulla facciata del Palazzo Massimo, sovrastante la folla indaffarata, pendeva l’immensa foto di un Ercole di bronzo. Al di sopra della testa di questo colosso c’era scritto : Ha sfidato anche il tempo. Era uno di quei giorni in cui anche la nostalgia ti sorride. Al ristorante Pommidoro il proprietario mi accolse con la familiarità distratta che si riserva agli habitués. Pizzi era già arrivato. Mi offrì un abbraccio ed evocammo, come ancora facciamo, il nostro primo incontro avvenuto 25 anni fa. Dopo pranzo ci avviammo verso l’atelier, le “petit”, che è il più vicino, e ritrovai, con il sentimento di non averlo mai lasciato, l’odore d’olio e il lavorio dello studio, i soffitti alti e il grande tavolo in un angolo.
Pizzi aveva preparato una serie di quadri su legno, dello stesso formato 140 per 100, quindici quadri di un nero sobrio, né brillante né spento, di un nero sovrano e senza pentimento, il nero di Pizzi Cannella. Mi fermai dinnanzi ad ogni quadro, restandovi per il tempo necessario. Mi lasciai penetrare dalla loro presenza, invadere dal loro fascino. Erano ancora freschi di pittura. Fui sorpreso, un’altra volta, dall’intensità della loro rappresentazione, dalla loro verità e dal sentimento di solitudine che questa verità nascondeva, e allo stesso tempo li riconoscevo, in un certo modo li avevo sempre visti. Questa è la caratteristica dei quadri riusciti che danno l’impressione di esistere da sempre. Riconoscevo le forme che la materia sensuale tracciava sulla tela, ma anche i vuoti che essa lasciava – la stessa carica emotiva animava l’immagine e la riserva di questa- e riconoscevo la grazia fintamente nonchalante dei loro tratti. Dissi “magnifico, veramente magnifico”, e aggiunsi, cercando di esprimere ciò che provavo nel mio italiano da viaggiatore: “il nero è difficile” e Pizzi, dal suo tavolo di lavoro, rispose: “anche il bianco!” Aprì una bottiglia di un pallido vino d’Orvieto, quel vino frizzante che si adattava bene alla leggerezza della giornata, e brindammo alla mostra. Poi prese un foglio di carta e si mise ad abbozzare il catalogo.
Ci fu, in primo luogo, la questione del titolo della mostra. “Nero d’avorio…o Noir d’ivoire?” “Nero d’avorio, è più misterioso.” dissi. “Mais oui!” rispose in francese.
Ma “nero d’avorio?” gli domandai “d’altronde perché “nero d’avorio”?” Si utilizzano sempre tre tipi di nero, mi spiegò Pizzi mentre continuava a disegnare “il nero che proviene dalla terra, il nero che proviene dal vegetale, e il nero che proviene dall’osso…. e dall’avorio, il più bello fra gli ossi e quando mai si pensa, fare del nero con il bianco dell’avorio…” Nel frattempo Davide, il nuovo assistente, era appena arrivato. “Al giorno d’oggi tutti i colori sono industriali” continuò Pizzi “ma i pittori hanno sempre amato i colori rari, i colori bizzarri,… il blu del lapislazzuli, che si macinava per ore ed ore prima di essere mischiato all’olio… in India, il piscio delle vacche sacre che, seccato al sole, diventa polvere dorata…le si ingozzava di dolciumi perché l’urina delle vacche diabetiche è di un giallo più splendente… e il caput mortuum, quel colore bruno che si estraeva dalle bende delle mummie nell’Ottocento e che Balthus utilizzò per ultimo.» Sui muri, anche i quadri sembravano ascoltarci. Li guardai e pensai al fatto che il nero di Pizzi, questo nero d’avorio, così somigliante in apparenza sia nella materia che nella resa dei tratti, prendeva delle sfumature, delle tonalità distinte secondo le forme e la figurazione che esso esprimeva. Questo nero si rivelava diverso per ogni quadro come lo era stato il pensiero che l’aveva generato : il nero del vestito da sera ondeggiante ai venti. il nero degli occhi posati sul pizzo del ventaglio il nero del volo degli uccelli che attraversano il mondo il nero della sedia lucente dopo le piogge notturne il nero del gioiello invaso dal bianco bagliore della sua perla il nero delle salamandre che si rincorrono sul marmo Il nero del lampadario del palazzo vuoto il nero delle cattedrali d’Oriente e delle loro cupole immaginarie Tutti questi neri, e altri ancora, erano distinti. Pensai anche che il nero di Pizzi Cannella non è univoco ed ha altre funzioni oltre al semplice fatto di esistere, per offrire lo spettacolo del suo splendore. Eppure, non si ferma mai là dove ci si aspetta, alla porta della malinconia, ai ricordi e all’assenza. Il nero di Pizzi Cannella, ogni volta, si allontana sempre di più. Fino alla calma e all’accettazione di questa calma. Parlammo di trasporto, di cornici e di vetri anti riflesso, della nuova generazione dei vetri anti riflesso, molto più belli di quelli in plexiglass, parlammo della difficoltà di trovare un buon tipografo e della cena del vernissage. “Abbiamo lavorato bene” disse Pizzi. Poi chiese al suo assistente di farci una foto: “Da lontano… così non sembriamo vecchi!” “D’accordo, Maestro” rispose l’assistente. Mentre ci mettevamo in posa: “La foto, pubblicala in bianco e nero. Per i ritratti lo preferisco.”disse ancora Pizzi.

Bernard Vidal
Giugno 2014

Inaugurazione:
27 febbraio 2014 ore 18:30

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